Allarme pensione avvocati: ecco la differenza shock tra lordo e netto che nessuno ti dice

Negli ultimi anni, numerosi avvocati italiani si sono trovati a riflettere con crescente preoccupazione sulle prospettive della propria pensione futura. Alla base di questa inquietudine non vi è solo la transizione dal vecchio sistema retributivo a quello contributivo puro della Cassa Forense, ma soprattutto la differenza tra importo lordo e netto dell’assegno pensionistico, spesso assai più ampia di quanto ci si possa aspettare prima del pensionamento.

Il meccanismo di calcolo della pensione degli avvocati

La previdenza degli avvocati si basa su regole autonome rispetto a quelle degli altri lavoratori gestiti dall’INPS. L’ente previdenziale di categoria è la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense (CNPAF). Per chi si è iscritto all’albo dopo il 2024 vale il nuovo sistema completamente contributivo, mentre per i più anziani conta ancora una quota “retributiva” legata agli ultimi redditi professionali. La pensione lorda viene calcolata sulla base dei contributi effettivamente versati lungo la carriera, partendo dal cosiddetto montante contributivo individuale che viene rivalutato ogni anno secondo precisi criteri finanziari stabiliti dalla Cassa. Questo importo lordo, tuttavia, è solo il punto di partenza, in quanto al momento dell’erogazione subentrano vari elementi fiscali che portano ad una netta diminuzione della cifra percepita dal professionista.

Scaglioni fiscali e impatto sulla pensione degli avvocati

La tassazione della pensione segue le aliquote IRPEF, esattamente come avviene per lo stipendio dei lavoratori. Per il 2025 gli scaglioni fiscali più utili da conoscere sono:

  • Fino a 28.000 euro: aliquota al 23%
  • Da 28.001 a 50.000 euro: aliquota al 35%
  • Oltre 50.000 euro: aliquota al 43%

Questi sono solo i valori base. Alla somma lorda si devono poi sottrarre le addizionali regionali e comunali, variabili a seconda del luogo di residenza, che possono aumentare ulteriormente il prelievo fiscale a carico del pensionato. È fondamentale sottolineare che la pensione lorda comunicata dalla Cassa Forense “nasconde” questo progressivo decremento dovuto alle tasse e imposte locali, creando spesso un vero e proprio effetto shock al momento del primo cedolino.

La no tax area e le detrazioni per pensionati

Per i pensionati, così come per i lavoratori dipendenti, esistono delle detrazioni IRPEF dedicate. Ad esempio, per redditi fino a 8.500 euro annui vi è una no tax area che permette di azzerare totalmente l’imposta. Superata questa soglia, si applicano detrazioni a scalare, che scendono mano a mano che cresce il reddito pensionistico:

  • Fino a 8.500 euro: detrazione fino a 1.955 euro
  • Tra 8.500 e 28.000 euro: detrazione decrescente, che diminuisce all’aumentare del reddito
  • Tra 28.000 e 50.000 euro: detrazione fissa di 700 euro ridotta progressivamente
  • Oltre 50.000 euro: nessuna detrazione

Un’ulteriore particolarità è prevista per i redditi compresi fra 25.000 e 29.000 euro, per cui è introdotta una detrazione maggiorata di 50 euro annui. Tuttavia, tali detrazioni non sono mai cumulabili con quelle per altri redditi e devono essere riproporzionate ai giorni effettivi di spettanza della pensione nell’anno.

Non vanno inoltre dimenticate altre possibili detrazioni per oneri deducibili, come spese mediche o ristrutturazioni, che possono incidere sul valore finale, anche se spesso l’impatto su assegni pensionistici medio-alti risulta piuttosto contenuto.

Il divario tra lordo e netto: perché è così elevato?

Il vero scandalo, che molti avvocati scoprono solo al termine della carriera, consiste nell’effettivo divario tra pensione lorda e netta. Il motivo di uno scarto così marcato risiede nell’applicazione degli scaglioni IRPEF più alti anche su pensioni non propriamente “ricche”. Prendiamo ad esempio un avvocato che, dopo oltre quarant’anni di contributi regolari, matura una pensione lorda di 35.000 euro all’anno:

  • Aliquota IRPEF intermedia (35%): su buona parte di questa somma, la tassazione è molto più gravosa rispetto alla media nazionale dei pensionati.
  • Detrazioni decrescenti: sopra i 28.000 euro, le detrazioni IRPEF si abbassano rapidamente, lasciando il carico fiscale intatto.
  • Addizionali locali: nelle regioni e comuni con tassazione più elevata, il prelievo aumenta ancora, arrivando mediamente fino al 2-3% aggiuntivo.

Così, il “salto” tra pensione lorda e pensione netta può tranquillamente superare i 9.000-11.000 euro l’anno, portando l’importo effettivamente percepito a valori anche inferiori rispetto alle aspettative maturate nei decenni di attività professionale. In alcuni casi, l’assegno netto risulta inferiore del 30-35% rispetto al lordo, e su pensioni più elevate la forbice si allarga ulteriormente. Sull’effettivo potere d’acquisto, ciò equivale spesso a vedere erosa la qualità della vita attesa per la vecchiaia.

La questione si fa ancora più critica per coloro che hanno potuto versare contributi pieni solo per una parte della carriera, magari a causa di periodi di difficoltà, malattia, maternità o altri eventi. In questi scenari, la base imponibile scende e l’incidenza percentuale del prelievo fiscale cresce in proporzione, con il rischio concreto che la pensione percepita risulti molto distante dalle aspettative – e addirittura al di sotto del minimo vitale previsto dagli ordinamenti assistenziali.

Perché nessuno parla della differenza netto-lordo?

L’argomento della forte discrepanza tra lordo e netto viene spesso sottovalutato nei dibattiti istituzionali e raramente viene illustrato ai giovani avvocati in fase di iscrizione all’Albo. Molti Colleghi entrano nel sistema convinti che i contributi versati lungo la carriera si tradurranno integralmente in prestazioni previdenziali proporzionate. Soltanto con l’avvicinarsi del pensionamento emerge la consapevolezza dell’impatto che la tassazione ha sulla somma finale. Le comunicazioni obbligatorie della Cassa Forense, infatti, riportano principalmente l’importo lordo, lasciando in secondo piano le trattenute dovute e il successivo calo dell’importo percepito. Una conoscenza superficiale del tema rischia di generare illusioni “ottiche” nell’immaginare la propria sicurezza previdenziale. Per questo, è fondamentale diffondere maggiore informazione e promuovere simulazioni previdenziali trasparenti, che consentano agli avvocati di stimare realisticamente l’importo netto che si troveranno a percepire.

Per comprendere al meglio la situazione, è altamente consigliato un confronto periodico con lo strumento IRPEF e le simulazioni via piattaforma Cassa Forense, valutando così scenari differenti a seconda della residenza anagrafica, dello stato familiare e della storia contributiva individuale.

In conclusione, solo una consapevolezza chiara del divario tra pensione lorda e netta consente all’avvocato di pianificare seriamente il proprio futuro, valutare con attenzione l’integrazione previdenziale privata e, ove necessario, impostare scelte di lavoro e risparmio coerenti per mantenere il proprio tenore di vita una volta lasciata la professione.

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